Benessere del cavallo o campagna elettorale?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Caro Direttore, se gli altri candidati esprimessero le loro volontà e misure da intraprendere per la tutela del cavallo "prima" con la stessa foga con la quale soffiano sul fuoco dell’ indignazione per le, presunte o vere che siano, responsabilità di chi le avrebbe commesse, cadendo nella facile e strumentale campagna denigratoria, forse avremmo più chiarezza e "certezza di intenti"; nel modo in cui fanno, non è affatto chiaro.
La corretta campagna verso un avversario politico si fa sul suo profilo etico e morale, sulla intollerante e arcaica pessima abitudine di "fare accordi" (inciuci), sulla qualità delle sue alleanze, sui contenuti o non contenuti del programma, non su un fatto contingente (se lo è ovviamente).
Il fatto di Castellazzo, tanto per essere in argomento, è riprovevole sicuramente ma attribuirne la colpa ai proprietari assenti ce ne passa, certo la Legge non ammette ignoranza ma siamo certi che qualche volta l’intemperanza , per usare un eufemismo, di qualche proprietario o tecnico non sia accaduta nelle nostre scuderie? Non è la sola entità delle lesioni che danno una misura del maltrattamento, ce ne sono altre subdole che si perpetrano, troppo spesso, come l'uso eccessivo di mezzi coercitivi, il deperimento procurato, l'assetare il cavallo, e tanti altri mezzi fisici e psicologici per sottometterlo. Non ce n’è abbastanza per farne una battaglia o sono troppi quelli che lo fanno e non è produttivo elettoralmente?
Cerchiamo di schierarci davvero da una parte, quella del cavallo, il resto vuole solo dire che vogliamo stare col piede in due staffe.