Approfondimenti sulla vista del cavallo
Nel precedente articolo ci eravamo lasciati con una rapida panoramica delle caratteristiche principali della vista equina; adesso vediamo di parlarne in maniera più articolata pur senza entrare troppo in tecnicismi.
Uno dei tratti più evidenti è senz'altro l'ampiezza del campo visivo (quasi a 360° - vedi figura). Su questo campo visivo così vasto bisogna subito fare una distinzione tra Visione Binoculare e Monoculare.
Infatti, nonostante la posizione laterale degli occhi, i cavalli dispongono di una fascia centrale di circa 60-70° in cui possono focalizzare meglio, potendo vedere con due occhi insieme, con più precisione insomma. Questo tipo di visione (un po' più simile alla nostra) è detta binoculare.
Grazie alla modalità binoculare il cervello del cavallo può utilizzare due immagini differenti per stabilire la distanza di un oggetto (stereopsis) e questo lo aiuta a stabilire la profondità; la vista binoculare è ostacolata dal naso che praticamente oscura una visuale di oltre un metro sotto al naso che può variare a seconda delle caratteristiche morfologiche del cavallo. È il tipo di visuale che il cavallo adopera per es. per riconoscere chi si sta avvicinando o per mettere meglio a fuoco qualcosa (anche se la nitidezza dell'immagine è lontana dai nostri standard).
Nella visione monoculare invece ciascun occhio può vedere simultaneamente cosa succede ai due lati del suo corpo! Sarà una visuale più piatta e non tridimensionale come la nostra. È un tipo di visione estremamente adatta per scorgere movimenti sospetti, inadatta per riconoscere la fonte del movimento o la distanza. D'altra parte è senz'altro più efficace scappare e mettersi prima in sicurezza e poi, semmai, riconoscere la causa!
Come accennavo nel precedente articolo il cavallo non fa' così tanto affidamento sulla vista come facciamo noi; in particolare l'udito e l'olfatto interagiscono continuamente con essa. Se ci sono dei segnali di potenziali pericoli noi umani, normalmente, cerchiamo per prima cosa di visualizzarli, non è lo stesso per i cavalli che, a seconda delle dinamiche, potrebbero anche privilegiare altri sensi. La continua interazione dei sensi si può verificare facilmente semplicemente osservandoli: i movimenti delle orecchie, i segnali meno facilmente percettibili delle mucose nasali, quelli più vistosi della testa per inquadrare meglio un oggetto così come altre sensibilità, tutto lavora in perfetta sinergia.
Zone cieche. Poiché gli occhi sono posti lateralmente e piuttosto avanzati sulla testa un cavallo può quasi avere una visuale a 360° intorno a lui sul piano orizzontale, se non fosse per una zona cieca dietro, che forma un arco di circa 6-8°, e una sotto il naso. Queste due zone cieche non rappresentano un problema per il cavallo a meno che non ci si metta di mezzo il cavaliere/conduttore; mentre pascola, per esempio, può semplicemente girare la testa leggermente per vedere cosa succede esattamente dietro sé. Il secondo punto cieco fa sì che non possa vedere l’erba che mangia, la carota che gli diamo eccetera, ma sopperisce facilmente con il sapiente utilizzo delle vibrisse e dell'olfatto.
Conformazione dell'occhio. Spiegare la struttura e il funzionamento dell’occhio nel dettaglio è piuttosto complesso, ci limiteremo ad evidenziare alcune caratteristiche di base che ci aiutino ad avere un utile quadro generale.
Le prime che saltano all'occhio sono la forma della pupilla che dà un grande contributo alla possibilità di controllare un ampio spazio: infatti ha una forma allungata, ovalizzata (alcuni la definiscono grossolanamente rettangolare), a differenza di quella dell’uomo che è rotonda.
Altro marcato fattore di distinzione fra noi e il cavallo è che quest'ultimo ha aree diversificate nell’occhio per poter adattare la sua visuale a seconda delle situazioni. In particolare vi è una striscia orizzontale al centro dell’occhio (un’area con alta densità di fotorecettori e gangli) che permette una visione un po' più nitida; invece, al di fuori di questa striscia, l’occhio ha una visione più 'sfocata'. Il principio è un po’ quello delle lenti bifocali (solo che qui si hanno tre fasce), utilissimo quando il cavallo è al pascolo e può controllare facilmente i suoi compagni equini ed eventuali presenze più distanti.Corpora nigra. Un elemento che merita una breve menzione: appaiono come delle macchie di forma irregolare e “fumosa”, come delle nuvolette di diverse dimensioni attorno alla parte superiore della pupilla del cavallo; sono anche noti come grani o granuli di fuliggine o iridei, utilissimi per evitare all’occhio di essere abbagliato dalla luce. Aumentano di volume con il passare degli anni fungendo da “ombreggiante” per la pupilla assorbendo la luce in eccesso. Li possiamo osservare a occhio nudo, sì, hanno una strana forma, ma non c'è niente che non va nell'occhio!
Focalizzazione. La maggior parte dei mammiferi e l’uomo focalizzano la vista usando i muscoli attorno agli occhi per cambiare la forma della “Lente”; normalmente questa si arrotonda per una visuale più vicina e si appiattisce per una più lontana e avere così un’immagine più chiara possibile. Nel cavallo questi muscoli non sono molto sviluppati, anche per questo preferisce cambiare la posizione dell’occhio sollevando o abbassando la testa per focalizzare meglio l’oggetto.Una cosa che dobbiamo sempre tenere in considerazione a tal riguardo è che il cavallo cambia la propria focalizzazione in modo molto più lento rispetto a noi. Diamogli più tempo quando ad es. incontra un ostacolo sconosciuto!
Acutezza. Per dare un’idea dell’acutezza della vista del cavallo, giusto per avere un riferimento approssimativo, per convenzione si dice che l’uomo ha 20/20” mentre per il cavallo il rapporto è 20/30”: i dettagli che noi vediamo da una distanza di 30 piedi il cavallo li vede solo a 20 piedi. Cosa vuol dire? Che noi riusciamo a riconoscere un oggetto nel dettaglio da una distanza di 30 piedi e il cavallo la riconosce a 20. Quindi deve essere molto più vicino di noi per capire cosa lo aspetta... per es. quando un cavaliere si appresta ad un salto. Avendo gli occhi così vicini e focalizzati noi umani percepiamo la profondità molto più precisamente dei cavalli; di fronte ad un ostacolo da saltare col nostro equino, la percezione della profondità è notevolmente diversa.
Colori. Ormai sappiamo che i cavalli possono vedere i colori e tale visione può essere definita dicromatica, mentre la nostra è detta tricromatica, con riferimento ai tre colori primari. Infatti i cavalli (sembra) non possono vedere il rosso, che viene confuso con il verde. Mentre riescono a vedere meglio i colori giallo e blu. E pensare quante volte abbiamo scelto degli ostacoli color rosso perché siano meglio visibili! Magari sistemati sullo sfondo verde di un prato!
La vista Dicromatica è dovuta alla composizione dell’occhio, in particolare della retina. Ci sono infatti due tipi di foto-recettori presenti sulla retina sia nell’occhio del cavallo che nell’umano: i coni e i bastoncelli; questi ultimi sono più ricettivi e sensibili alla luce di bassa intensità ma non danno informazioni sulle lunghezze d’onda (colori), e sono molto utili quando il buio incalza. I recettori chiamati coni invece sono quelli che percepiscono e rispondono in modo differente ai colori. Gli umani hanno 3 tipi di coni, e questo ci aiuta a selezionare e distinguere anche le minime sfumature di colore, mentre i cavalli hanno soltanto due tipi di coni, come i cani del resto.
Visione notturna. Una serie di fattori rendono la visione notturna e crepuscolare del cavallo molto più adatta e performante della nostra. Le pupille possono dilatarsi notevolmente per catturare i pochi fotoni presenti di notte, e la retina è normalmente dominata dalla presenza di più bastoncelli come detto sopra; inoltre, sul retro dell’occhio del cavallo c’è quello che viene chiamato Tapetum lucidum, una specie di specchio riflettente: quando nell’oscurità accendiamo una luce e vediamo rifulgere gli occhi del cavallo, ne è la principale causa. Questa specie di specchio consente di catturare più fotoni nell’oscurità, e fa sì che il cavallo possa vedere piuttosto bene anche in condizioni di oscurità. Però, altra faccia della medaglia, il cavallo può più facilmente rimanere abbagliato dalla luce intensa (fari, luci artificiali etc) e hanno maggior difficoltà di adattamento in casi di cambiamenti improvvisi di intensità luminosa. Questo dell’adattamento è un concetto importante che ha risvolti pratici per noi da tenere in considerazione; in sintesi, i cavalli hanno un’ottima vista notturna ma se li trasferiamo in un luogo scuro all’improvviso (o viceversa) i tempi di adattamento sono molto più lunghi rispetto a quelli umani.
Occhi veicolo di comunicazione? Se ce ne fosse bisogno ci sono diversi studi che sottolineano le tante espressioni facciali che il cavallo è in grado di mettere in atto. Per animali sociali e così comunicativi come i cavalli si può ben comprendere come l’occhio stesso (assieme ad una serie di altri segnali corporei e facciali) possa comunicare espressioni, stati d’animo, e indizi sulla propria salute, ovviamente osservandoli nel contesto. Tanto per fare un esempio, così come per noi, delle rughette sopra le palpebre possono essere indice di preoccupazione.
Miti... da sfatare? Un mito da sfatare, ancor oggi propugnato da alcuni esponenti di scuole equestri, è quello secondo il quale i cavalli non possono trasferire informazioni visive da un occhio all’altro, cioè che non possano trasferire informazioni da una parte all’altra degli emisferi dx e sx del cervello; questa caratteristica avrebbe giustificato il fatto che i cavalli agissero o reagissero in modo differente alla vista di un oggetto o ad un’azione, a seconda del lato verso il quale veniva presentato al cavallo. Senza addentrarci nei meccanismi del funzionamento del cervello è stato ormai dimostrato da molto tempo, se ve ne fosse stato bisogno, che i cavalli possono trasferire informazioni da una parte all’altra degli emisferi del cervello con facilità.
Tali problemi sono dovuti più alla pratica e all’abitudine di fare sempre certe cose da un lato solo; altro fattore che potrebbe avere influenzato questo “mito” è proprio il fatto che l'occhio del cavallo ha bisogno di più tempo di adattamento per capire di che oggetto si tratta: se presentiamo un qualcosa dalla parte sinistra (normalmente sempre con la stessa sequenza perché anche noi facciamo prima le cose dalla parte che ci torna meglio) quando poi lo presenteremo alla sua destra comunque il cavallo potrebbe avere bisogno di più tempo per mettere di nuovo a fuoco l'oggetto.
Memoria visiva. Chi ha la possibilità di uscire in passeggiata a cavallo, si sarà magari stupito quando, scegliendo un tragitto dove si è passati solo una volta in precedenza, il cavallo si ricordi esattamente il percorso da seguire. Questo si spiega grazie alla straordinaria memoria visiva, che permette al cavallo di creare mentalmente una specie di vera e propria cartina topografica, con tanto di ostacoli (massi, tronchi, cartelli etc.) e particolarità del luogo (posti in cui pascolare o corsi d'acqua da cui bere etc). Anche a distanza di anni! Chi non ricorda qualche film western in cui il cavallo ritrova la strada di casa da sé perché il cavaliere è ferito? Beh, nella realtà sanno fare anche di meglio! Banalmente, anche in contesti più ristretti, ci saremo senz’altro accorti quanto siano attenti quando per es. si cambia la disposizione delle cose nel paddock, cogliendo anche il minimo spostamento quasi fosse un atto rivoluzionario.
La paura del vento. Anche sulla base delle considerazioni finora fatte, si capisce bene che il vento comporta tutta una serie di problematiche: il vento riduce molto la capacità del cavallo di guardare, sentire odori, ascoltare rumori, perché con il vento si muove un po' tutto, i rumori sono sovrastati, gli odori dispersi... un predatore, o un pericolo, sarebbe individuato con più difficoltà. Inoltre, abbiamo già parlato della difficoltà del cavallo di mettere a fuoco e di adattare la vista rapidamente, e lo stesso vale per i suoni... ma di questo tratteremo alla prossima puntata
Laura Crotti (Rickylaura Rogina) e Claudio Saba
PS il testo originale è affiancato a delle slides con immagini che lo completano.