Sintetico contro sabbia, una battaglia anche nostra
QUESTO ARTICOLO riassume un documentato e ampio elaborato comparso su Blood Horse Tradezone del 25 aprile u.s. a cura del Dr Stacey Oke, rivista leader nel campo culturale ippico americano e mondiale, cui rimandiamo per ulteriori ed interessanti considerazioni, dettagli e grafici. Tratta un tema, “Sintetico vs Dirt” che sta veramente a cuore a chi vuole bene ai cavalli, anche se qui da noi è meno sentito, vista la diffusione solo “provinciale” delle piste di sabbia in Italia. Infatti esse sono in funzione a Varese, Albenga, Corridonia, Tagliacozzo, Capalbio, Siracusa, per restare agli ippodromi ora in attività. In alternativa c’è solo una pista in sintetico: a Roma, la cosiddetta pista all-weather.
Tuttavia, il capitolo costi di manutenzione, che già negli States è stato l’elemento scatenante della corsa al Sintetico, prima o poi diventerà attuale anche in Italia e sui campi di corse maggiori, tanto più che l’esperienza all-weather dei primi anni ha dimostrato essere questo tipo di pista molto più vicino per caratteristiche tecniche all’erba che alla sabbia, che in un primo tempo si prefiggeva di sostituire. E’ di questi giorni la decisione della Commissione centrale degli handicapper di spostare la scala dei pesi maturata in all-weather dalla sabbia, cui in un primo tempo era stata apparentata, all’erba, cui dal punto di vista agonistico somiglia. In Europa, il miglior tracciato in all weather è senza ombra di dubbio quello di Lingfield, che fornisce prestazioni pressoché corrispondenti a quelle in erba. E’ facile ipotizzare che, dati i costi di manutenzione ridotti, l’all-weather verrà introdotto massicciamente per sostituire l’erba, e, facendo leva sul benessere degli animali, sarà in grado di ottenere i doverosi contributi o facilitazioni statali alla sua installazione.
IL SINTETICO IN AMERICA, UNA STORIA RECENTE
Con i casi dei cavalli Barbaro (2006) ed Eight Belles (2008) , che ebbero incidenti in corsa, poi rivelatisi letali, la questione “sicurezza” delle piste (sotto la spinta delle Associazioni animalistiche, ma soprattutto di un’opinione pubblica come quella americana molto sensibile alle storie di cavalli), è arrivata all’ordine del giorno degli impegni delle Società di Corse, che hanno cominciato a valutare il problema: costi per allestire una pista più sicura, quale tipo di pista scegliere, valutare a posteriori la bontà dell’investimento fatto. Occorre ricordare che negli States esistono due grandi tipologie di piste, quella in erba (turf) e quella in sabbia (dirt). Sono le piste in sabbia, le più diffuse e gradite, perché valorizzano al massimo il modello di “cavallo campione” in voga presso gli americani: un cavallo che parte, va in testa, respinge a uno a uno tutti gli attacchi e si distacca netto vincitore. Insomma un cavallo “macho”, che mostra muscoli e grinta durante tutto il percorso, con tempi parziali da capogiro, come se ogni 200 metri vi fosse il traguardo finale. La sabbia (dirt) valorizza al massimo tutto questo, ma a un prezzo altissimo: gli incidenti alle ossa (fratture) e alle articolazioni, spesso catastrofici, con abbattimento dell’animale. Sul finire dei 3 anni di una generazione, il mondo ippico statunitense deve colmare i tanti vuoti creati con massicce importazioni di cavalli anziani da ogni parte del mondo, Italia compresa. Da qui la necessità di rimpiazzare la sabbia con un fondo pista sintetico, che ne attutisca i problemi.%%newpage%%
QUATTRO TERRENI SINTETICI A CONFRONTO
Attualmente il mercato americano è conteso da quattro ditte: Politrack, Cushion Track, Pro-Ride e Tapeta Footings, ciascuna con un suo brevetto. Il politrack è una miscela di ingredienti della sabbia (a base silicea) con fibre sintetiche (fibre e tappeti in gomma riciclati) e rivestimento di cera microcristallina. Il Politrack è presentato in tre forme: Classic, con la formula vista sopra, Elite e Premium, dove ci sono additivi specifici, in particolare la gelatina di cavo, che conferisce notevole elasticità e delicatezza di impatto al fondo pista. Il Politrack è stato applicato per la prima volta in Inghilterra nel 1987, conquistando un paio di ippodromi negli States a partire dal 2004-2005: Keeneland, pista da lavoro prima e da corsa poi e Turfway Park. In seguito si sono accodati Arlington, Del Mar e Woodbine (Canada).
Più complesso dal punto di vista della miscela che lo compone il Cushion Track. Complessità che garantisce meno effetto tangenziale in curva, maggior sostegno allo zoccolo senza maggiorazione del tempo di adesione, minimo costo di manutenzione, nessuna tossicità e prestazione molto vicina a quella in erba. Fino al 2007 questo fondo pista era quello di Santa Anita e di Hollywood Park. Poi ha dato problemi di drenaggio ed è stato rimosso.
Sostituito in quegli ippodromi da Pro-Ride, di brevetto australiano e già molto diffuso nell’emisfero sud. Anche qui abbiamo una combinazione di sabbia e polimero legante, con in più un caratterizzante fattore di ammortizzazione “PR”, che si dimostra efficace sia nella fase “concussiva” della battuta a terra dello zoccolo che nella fase di sostegno dello stesso. Le Breeder’s sono state disputate un anno fa su Pro-Ride.
Tapeta Footings è stato progettato dal trainer Michael W. Dickinson, mescolando sabbia, fibre di gomma e cera calda che costituisce un ottimo drenante della superficie quando piove o c’è molta umidità. Sempre per restare in California, Golden Gate Field e Berkeley hanno un fondo pista di questo tipo.
I TERRENI SINTETICI ESALTANO L’EFFETTO SICUREZZA DICONO SULLA WEST COAST
Il passaggio dal vecchio “dirt” al “sintetico” è cominciato in un’ottica economica di risparmio (costi di manutenzione), ma poi si è mostrato vantaggioso in termini di sicurezza. Tra il 2003 e il 2006 il classico dirt era causa di un 40% in più di cavalli incidentati e abbattuti. Quasi nello stesso periodo Turfway Park (politrack dal 2004) realizzava un 85% di incidenti dello stesso tipo in meno! Questi dati, poi confermati, hanno costretto tutti gli ippodromi californiani maggiori ad adeguarsi, per direttiva stessa dello Stato. Gli incidenti sono calati da un 3 per mille corse, a 2 per mille corse e tendono a diminuire. Il recente incidente a Blue Exit (7 marzo, Sant’Anita H’cap) è stato il primo dopo 3000 corse a Santa Anita. Un abbattimento stratosferico dei già buoni risultati del periodo 2004-2006.
UN EFFETTO CHE VA RIDIMENSIONATO, CONTROBATTONO A EST
Nello stato di New York non sono altrettanto convinti come in California della superiorità in sicurezza del Sintetico: il loro, dicono, è un dirt tradizionale buono e perfettamente in linea con gli standard di sicurezza sbandierati dai produttori di piste sintetiche: il dibattito è rovente. La Florida ha presentato di recente alcuni dati in cui dimostra che il sintetico riduce sì gli incidenti, ma “solo” del 25%. In realtà non ci sono ancora un numero di dati statistici statisticamente importanti e condizioni di analisi corrette. Per esempio c’è il problema “fragilità” dell’individuo in esame e il fatto negativo costituito da un passaggio frequente da un tipo di superficie (sintetico) all’altro (dirt tradizionale). Per esempio può succedere che una lesione maturata qui, possa scoppiare là e viceversa. Ci sono poi da considerare gli effetti della funzione che crea la forma. Un fondo pista morbido, come il sintetico, non crea tessuti sufficientemente robusti e quindi nel tempo dissemina nuove potenziali patologie. Sono solo un paio degli appunti che vengono mossi al Sintetico. Per non parlare del settore incidenti non gravi, dove il vantaggio del sintetico è dubbio.
Negli States siamo ora in una fase di riflessione, dopo l’iniziale entusiasmo. Si aspettano i risultati di più grandi e massicce operazioni analitiche atte a misurare effettivamente i dati grezzi offerti da un primo approccio. Dopo di che, se la risposta al sintetico sarà definitivamente positiva, ci sarà la corsa a nuovi investimenti sul sintetico di seconda generazione, sempre a costi attorno ai 10 milioni di dollari.