Quegli Horseboy neri di cui non ha mai parlato nessuno.
Lo potremmo definire un western urbano, anche se questo genere cinematografico ci ha solitamente abituato a grandi distese naturali. Qui invece siamo in un suburbio americano, ai margini di Filadelfia, dove dei neri tengono i loro cavalli dentro casa, o in qualche malconcia e rimediata scuderia. Fa un certo effetto vedere un cavallo che mangia il suo fieno in uno stretto angolo di una piccola cucina. Ma è quel che accade in questo film singolare, intitolato "Concrete Cowboy", approdato per via della pandemia su Netflix, anche se inizialmente era destinato alle sale.
Tratto dal romanzo "Ghetto cowboy", diretto da Ricki Staub - un debuttante che si è subito fatto notare - premiato al festival di Toronto, interpretato da un cast di richiamo che sfoggia Idris Elba (anche produttore) e Caleb McLaughlin, il film parte da una realtà rimossa e per noi sconosciuta: e cioè che nella grande epopea del west, i Cowboy erano i bianchi che badavano ai bovini, mentre gli Horseboy erano i neri che si occupavano dei cavalli. Tutto il Sud degli Stati Uniti ha avuto cavalieri neri, che hanno gestito (agli ordini dei padroni bianchi) scuderie ed equini. Ecco, i protagonisti di "Concrete Cow boy" sono gli eredi di quella tradizione. Poveri, ghettizzati, ridotti alla periferia di una città, Filadelfia, capitale della Pennsylvania e culla di molta storia americana, in cui risiede una altissima percentuale di afroamericani (il 43 per cento, contro il 45% di bianchi) quasi tutti senza risorse e senza speranze, rimandati ai margini del mondo e per questo fatalmente attratti dalla malavita e dallo spaccio di droga. In questo difficile contesto i cavalieri di Fletcher Street hanno trovato nei loro cavalli una radice identitaria, una terapia per sottrarsi alla tristezza della loro condizione. La comunità di Fletcher Street - racconta il protagonista Idris Elba - è nata più di un secolo fa, mentre la "Fletcher Street Urban Rinding Club" è stata fondata nel 2004, non soltanto per tentare di preservare la storia delle scuderie della zona, ma anche per offrire ai ragazzi un luogo dove passare il proprio tempo libero lontano da gang, violenza e spaccio.
Filo conduttore di questo film è l'odissea di un adolescente rispedito al padre da una madre che non riesce più a tenerlo a freno. Il viaggio del ragazzo parte da un inferno (Detroit) e approda a un altro inferno (Filadelfia). Ma qui, a Fletcher Street, ci sono i cavalli, che con la loro presenza svolgono un'azione salvifica, seppur eternamente minacciata da lacci e laccioli governativi. L'ufficio d'igiene ha da dire la sua (e le sue pretese sembrano giuste se non si capisse che quella zona va sgomberata per lasciare spazio a imprese immobiliari), spesso ci sono problemi di approvvigionamento per le profende, le selle sono rimediate. Ma il patto che lega uomini e cavalli è antico, saldo e inestinguibile. Il ragazzo verrà tentato dallo spaccio e il film - che racconta duramente una realtà durissima - non risparmia allo spettatore lacrime e sangue.
Girato prima dell'omicidio di George Floyd - l'afroamericano ucciso da un poliziotto che gli ha tenuto un ginocchio sulla gola per undici minuti - il film racconta di un'America in cui il razzismo (un problema endemico nella realtà statunitense) scorre indisturbato nei gangli della società, sotto la benevola egida di Trump. Ma tocca anche temi che vanno al di là di realtà contingenti: il rapporto difficile fra padri e figli, la durezza dell'iniziazione adolescenziale, il fascino del guadagno facile, la facilità nell'uso delle armi.
Filadelfia, che cinematograficamente è una star - basti pensare quanti film vi sono stati ambientati, da " Scaldalo a Filadelfia", a "Filadelfia" con Tom Hanks, fino alla saga di Rocky, che si allena salendo la celebre e monumentale scalinata - non appare mai. E' una città gravida di storia, ma per i neri è come se non esistesse, perché la loro vita è in un ghetto periferico, da cui rischiano di essere cacciati, assieme ai loro cavalli. Il protagonista Idris Elba, cittadino inglese, con madre del Ghana, padre della Sierra Leone, (e conosciuto anche per aver fatto occasionalmente il dj al matrimonio del principe Harry con Megan Markle) è assai bravo nel raccogliere e far sua la tradizione finora sconosciuta degli Horseboy, mescolando sul suo bel viso maschio melanconia e risolutezza. E se qualcuno volesse saperne di più... La "Fletcher Street Urban Rinding Club" è in rete. Scoprirete che è una associazione senza fini di lucro, ancora attiva. Alla faccia di Trump.