Il cavallo che visse due volte
Sono le galoppate più potenti, ariose e trascinanti di tutta la storia del cinema: quelle che appartengono a due film di cui i cavalli sono il perno fondante. Il primo è l'australiano "L'uomo del fiume nevoso", e il secondo, prodotto dall'americanissima Disney con il titolo "Indomabile" ( ma negli Usa era "Ritorno al fiume nevoso"), che ne è una sorta di remake e che è stato anch'esso girato nei medesimi, meravigliosi luoghi di quel continente: il Nuovo Galles.
Ma cominciamo dal primo film, anzi dalla ballata che lo ha ispirato, scritta da Banjo Paterson, poeta e giornalista australiano che nella realtà si chiamava Andrew-Barton Paterson, ma che scelse di firmarsi Banjo, usando il nome del suo cavallo preferito. Cresciuto nelle zone interne dell'Australia, Banjo scrisse molte odi sulla vita rurale e divenne così celebre e amato ( una sua ballata viene considerata l'inno non ufficiale dell'Australia) che la sua immagine è incisa sulla banconota dei 10 dollari australiani.
Nel cast del film campeggia in un doppio ruolo il settantenne Kirk Douglas, che interpreta due fratelli, antitetici per carattere e fisicità, e divisi da un'antica rivalità sentimentale. Ma il vero protagonista della storia è un attore di nome Tom Burlison: giovane, con una faccetta un po' paffuta, attore modesto ma cavaliere davvero capace. Parliamo di monta da lavoro, perché il personaggio che lui interpreta è quello di un ragazzo cresciuto nelle fredde montagne dell'interno che scende a valle in cerca di una occupazione, finendo per fare il mandriano nella ricca fattoria tenuta da un ricco e prepotente allevatore (uno dei due personaggi interpretati da Douglas). A cavallo il ragazzo ci sa fare come pochi, tant'è che riesce a riportare nei recinti una mandria di bovini che si era perduta, conquistandosi così la stima dell'allevatore, la cui figlia è molto colpita dai modi gentili del nuovo dipendente del padre. Inutile dire che fra i due scocca la scintilla amorosa, che la ragazza litiga con il padre reclamando la propria indipendenza sentimentale... La trama - sebbene corroborata dalla doppia interpretazione di Douglas, che impersona anche il fratello guercio e zoppo, ritiratosi in montagna - è prevedibile, classica, anche se sfoggia un finale "aperto", in cui non si dice se i due ragazzi riusciranno a superare le avversità che si frappongono fra loro. Quel che nobilita il film è la lunga serie di cavalcate, di inseguimenti, di ariose panoramiche sui branchi di cavalli al galoppo che punteggiano tutto il racconto. E che sono davvero straordinarie.
Tant'è che sei anni dopo la Disney decide di farne una sorta di remake: stesso attore protagonista, Tom Burlison, stessa attrice, Sigrid Thornton. Il ruolo del padre di lei (la storia dei due fratelli anticamente innamorati della stessa donna è stata cancellata) affidato a un solidissimo caratterista Brian Dennhey, il cui nome vi dirà poco ma che ha interpretato moltissimi film, da "Rambo" (era lo sceriffo spietato) a "Presunto innocente" ( era il procuratore). Ma gli stessi panorami mozzafiato, attraversati al galoppo da branchi selvaggi e da inseguiti o inseguitori. Nel tentativo di sottrarsi alla caccia spietata del padre della sua amata, il ragazzo rimette la sella al cavallo che da sempre era stato il suo compagno di lavoro. E che torna, cinematograficamente parlando, a vivere due volte. Braccato su un costone, decide di scendere affrontando una parete boschiva con una terribile pendenza. E la macchina da presa corre parallela a questa distesa, inquadrando in una unica, formidabile sequenza molto ravvicinata cavallo e cavaliere: Caprilli avrebbe da ridire, perchè il cavaliere è molto all'indietro ma, credetemi, la scena è formidabile. Senza trucchi digitali (alla fine degli anni Ottanta non esistevano) e senza ruotare l'asse dell'inquadratura per farla sembrare più ripida. A raccontare la verità sono gli alberi, che restano perpendicolari alla pendenza. Una discesa che finirà con una caduta fragorosa, per fortuna senza conseguenze per cavallo e cavaliere.
Tom Burlison, in quegli anni, ha interpretato anche un altro film australiano di cui abbiamo già parlato in questa rubrica: "Phar Lapp", ( in Italia distribuito con il titolo "Corri, cavallo corri") in cui si narra la storia del grande galoppatore degli anni Trenta che ancor oggi è ben saldo nella memoria collettiva degli australiani. Burlison si è poi trasferito negli Stati Uniti, interpretando per la tv un biopic su Frank Sinatra. Nato in Canada, da genitori inglesi, che durante la sua infanzia si sono trasferiti in Australia, non è diventato una celebrità, ma un Oscar per come sta in sella se lo merita davvero. Non è un cavaliere di stile, ma è saldo come uno che a cavallo ci è nato e cresciuto. Anche se sembra che abbia cominciato a montare quando si è ventilata la possibilità del suo primo ruolo. Comunque sia, tanto di cappello.
Resta, per chiudere, una dolorosa domanda: cosa ne è stato di quei luoghi meravigliosi, dopo gli incendi che hanno funestato l'anno scorso tutta l'Australia, cui il governo non ha saputo opporre una adeguata risposta della sua protezione civile? Il mondo, tutto il mondo, è meraviglioso, ma fragile, e gli ecosistemi sono tutti in sofferenza, dall'Australia all'Antartide che non ha più ghiaccio ma solo muschi e licheni, fino all'Amazzonia. E' una domanda più che mai attuale. Che non può più essere elusa.