Equitazione: comunicazione o condizionamento? Se ne è parlato all'Auriga.
EQUITAZIONE classica o convenzionale?
Comunicazione o ammaestramento?
Quale equitazione per il benessere del cavallo?
Di questo si è parlato durante la presentazione del libro di Philippe Karl “Derive del dressage moderno” voluta dall’editore Equitare al Centro di Attività Equestri Integrate® L’Auriga.
Si tratta di un libro che ha atteso sette anni per essere tradotto in italiano, ma che ha già fatto discutere in originale come nelle edizioni già uscite in altre lingue.
Se l’autore è noto, la sua filosofia equestre lo è un po’ meno, anche – forse – perché appare vagamente eterodossa rispetto all’equitazione “convenzionale”, quella dei manuali federali insomma.
Ma Karl parte proprio da un manuale – quello tedesco, considerato la “bibbia” del dressage - che analizza e “smonta”; a sostegno delle sue tesi, i maestri equestri del passato: Steinbrecht, L’Hotte, La Guérinière e Baucher tra loro, e praticamente tutti riscoperti oggi in Italia grazie al grande sforzo scientifico ed editoriale di Siaec.
Dall’addestramento alla riunione, il libro analizza il ruolo di mani-gambe-assetto secondo la convenzione e nella lettura opposta dall’autore, delinea una panoramica sul business del dressage attuale e presenta infine la proposta di Karl e la sua ricerca di un’alternativa "classica" attraverso la “leggerezza”.
Quanto esposto dall’autore nel libro, ben corredato di immagini antiche e moderne, ha preso corpo grazie al seminario teorico-pratico tenuto da Massimo Basili, istruttore di III livello Fise e allievo di Karl. Prima in aula e poi in campo, Basili ha infatti spiegato e mostrato i principi base della Scuola di leggerezza creata da Karl (lui è fra gli istruttori italiani): un uso attento delle mani, per liberare la lingua del cavallo e renderlo così più disponibile ad ascoltare il cavaliere che non gli crea fastidio o dolore, e un uso diverso della gamba, per associare richiesta e aiuto.
Un crinale sottile quanto un crine separa i due versanti della materia: comunicazione o condizionamento? Ma forse è troppo per una giornata equestre.
Questa e altre osservazioni si sono poste, e le risposte non sono mancate, prima fra tutte quella che rinvia a un continuo mettersi in gioco da parte del cavaliere nella relazione con il cavallo. Imparare a chiedere, capire le risposte, adeguarsi al messaggio e provare anche, perché no?, a cambiare qualcosa di sé, per stare con il proprio cavallo.
Troppo faticoso? Un’alternativa è quella di rinunciare tout court al cavallo, ma non lo si può chiedere a chi pratica con passione l’equitazione.
Oppure il cavaliere può decidere di ignorare i segnali del cavallo, compensando le difficoltà con le proprie capacità o con strumenti “tecnici”. Una strada, questa, molto battuta ma rifiutata da Karl come dai maestri equestri che con la cultura classica del cavallo hanno ritrovato il suo benessere come scopo primario del lavoro anziché come accessorio residuale.
Non sarebbe allora opportuno che quanti si riconoscono questa sensibilità cercassero i punti di convergenza, valorizzando anche le opinioni divergenti per approfondire una ricerca condivisa?