Durissimo il presidente dei fantini:
L'ippica va protetta da certi ippici...
Ill.mo Direttore,
questa mia per dare voce, o quanto meno parola, ad alcune riflessioni e pensieri di questi ultimi giorni, nel leggere ovunque gli inviti, più o meno accorati, a salvare l’ippica, le corse e, naturalmente i cavalli. Certamente anch’io, come uomo prima, come appassionato poi, poi come professionista del settore e dulcis in fundo come presidente dei fantini, ho a cuore la salvezza dell’ippica italiana e, credetemi, sarei disposto a qualsiasi sforzo e sacrificio pur di rivedere negli ippodromi le moltitudini di “bella gente” dei tempi in cui montavo in corsa. Però, estraniandosi per un attimo dal vedere le cose dall’interno e immedesimandosi nell’uomo della strada che sente per la prima volta l’appello a salvare l’ippica italiana, la domanda nasce spontanea: salvarla da cosa, da chi?
Ecco, parte della risposta l’ho trovata nell’invito all’ultima riunione per “salvare l’ippica”, trovandomi di fronte agli stessi nomi (e alle stesse menti) che negli ultimi 20-30 anni hanno contribuito a ridurla in questo stato, chi commettendo errori manageriali imperdonabili, chi consegnando chiavi in mano la passione, il lavoro, la storia di uno sport e di un ambiente come il nostro a chi ne ha fatto - per ignoranza o mero calcolo fa poca differenza - carne di porco.
Certo, dobbiamo prendercela anche con la politica (meglio prima, quando l’ippica era una fonte di reddito per il Paese e non un peso), con il Palazzo (magari invece di eleggere Panzironi uomo dell’anno per un paio di anni sarebbe stato il caso di spedirlo subito a far danni in altri feudi del patron Alemanno) e possiamo addossare colpe e responsabilità perfino al Babau e a Cip & Ciop, ma personalmente ho la chiara e netta sensazione che prima di tutto l’ippica vada salvata da certi ippici e da tutti quelli che per un verso o per l’altro l’hanno rappresentata nell’ultimo, troppo lungo, periodo, nella migliore delle ipotesi accompagnandone, e nella peggiore causandone, il declino prima culturale, poi di appeal generazionale e dunque economico.
In qualsiasi azienda, perfino in Italia dove si cambia a fatica, un’armata fallimentare come quella dei nostri rappresentanti sarebbe stata licenziata e messa da parte, senza possibilità alcuna di riciclo. Possibile che mentre in mezza Europa (perfino da noi) di fronte a certi flop e a certe problematiche, anche i primi ministri abbiano compiuto dei passi indietro, nell’ippica si debba perseverare negli errori fino al fondo dei fondi? Come possiamo presentarci a chiedere aiuti, riforme, sostegno con le stesse persone che se non hanno direttamente fagocitato patrimoni e ricchezze non hanno saputo impedire che altri le fagocitassero o le buttassero in quel posto? Che credibilità daremmo alle nostre richieste?
Faccio appello al senso di autocritica e ove non ci fosse alla decenza di tutte le categorie e soprattutto dei loro rappresentanti per una svolta e un ricambio complessivo, d’immagine e di sostanza che è riassumibile in un chiaro e tondo “facciamoci da parte”; dobbiamo andarcene tutti, con la sola eccezione di Sandro Viani, appena rieletto a capo degli allevatori del trotto, anche perché nessuno di noi ha davvero il seguito e i consensi di chi dovrebbe in realtà rappresentare. Naturalmente, pur nella certezza assoluta di aver sempre provato a fare il meglio per i miei associati, comincio con il dare io il buon esempio e mettere a disposizione il mandato, con effetto immediato e tanta tristezza, pronta a trasformarsi in soddisfazione se, per una volta, tutti gli altri sapranno staccarsi da poltrone e interessi personali e faranno come me, un passo indietro.
Cordialmente Vostro
Claudio Bertolini, presidente Associazione Nazionale Fantini